Ore 20,00 di un tempo custodito in uno spazio siderale
“Ho pensato a te per tutto il giorno. Al tuo odore di buono, al tuo sapore dolce. Più mi allontano più ti penso. Il mio essere desidera vivere di passione e novità e con te è così ogni volta. Che bella sei! Averti sulla mia pelle mi infiamma di piacere e svela l’anima. Questo mio sentirti e volerti, pecca di incoerenza, ma ti sento e tanto. Più mi allontano più ti sento. Mi tormenta il pensiero che un giorno potrei non nutrire più per te tutto questo e inconsapevolmente cerco di trovare soluzioni per cui quanto più mi allontano tanto più rimane intatto.
Quando in autunno ho percepito per un attimo che qualcosa stava cambiando, ho avuto paura e me ne sono andata.
Non potrei sopportare di non sentire più passione ed eccitazione per te. Sei un incantevole reticolo di emozioni per le quali vale la pena vivere. Mi riporti indietro in un tempo, un’altra vita in cui devo aver vissuto un grande sentimento e in questa, costantemente sono alla ricerca di quell’amore perduto.
Ciò che vivo all’infuori di te è altro, ma niente è pari a te. Nelle mie scorrerie divaganti non c’è nulla che sia simile a te anche solo lontanamente. In questo apparente farneticare, vorrei che tu comprendessi la mia sincerità. Le tue mani, i tuoi baci mi portano dolcemente a perdermi in uno spazio dove non esiste altro che te e me. Sto scrivendo, ma il mio abitare è tra le tue lenzuola, tra le tue gambe, avvolta nelle tua delicatezza, consapevole che esisti, che soffri, che mi desideri.
Sì, anch’io ti desidero. Dentro te è il luogo più caldo che c’è”
Ore 20,00 custodito in un altro spazio siderale
Ho dormito tra lenzuola che profumano di te. Ha suonato più volte il telefono, ma chiunque mi abbia cercata non ha importanza. Non voglio nessuno. La mia fragilità non è accessibile. Ho disdetto anche l’uscita che mi ero programmata ed ho continuato a dormire nel mio mare spossato. Mi sono svegliata con una gran fame, nel silenzio di questa casa che abbraccia ogni mio pensiero e ne fa parole da scoppiare come bolle di sapone. Calde sono quelle che anarchiche ed ostinate, trasformate scendono dagli occhi. Una si incurva verso l’angolo della bocca. Ha il tuo nome. Mi attraversa. E’ salata. Densa, come le tue mani dentro me. Mi colma mentre la fame aumenta a darmi la misura di quello che manca per essere sazia.
E’ un rapporto tra grandezze. Quanto più ti voglio, tanto più te ne vai. Le bolle scoppiano senza far rumore. Solo lo scorrere della penna sulla carta ne tradisce la presenza e graffia l’apparente immobilità dello spazio circostante dando vita a virtuali pozzanghere di nero inchiostro. Sono irreale anch’io. La mia essenza tenta di dissimulare l’assenza. Perché tu mi veda devo farmi inchiostro. Perché tu mi senta devo fare silenzio. Io come tasti di un telefono muto che non deve, non può chiamare. Come un incubo è questa sordida cupa sofferenza che non deve toccarti, perché possa continuare ad accarezzarti con la dolcezza di mani passeggere, che non lascino ombre sulle pareti sempre imbiancate di fresco della tua anima frangibile, disadorna, narcisa, altalenante, ambigua.
I colori del tramonto riempiono il mio vuoto, sembrano volersi infiltrare oltre la pelle a creare in me le ombre senza luna della sera ormai prossima. Quanta energia occorre per essere inconsistente? Quanta autonomia ancora ho?
Mi tocco il collo, a sinistra, due centimetri sotto l’orecchio. Una leggera pressione delle dita e incontro la tua bocca, la lingua, i tuoi denti. Stanotte devi avermi presa con un morso indolore. Come aria sottile ti diffondi nel mio abbandono. Mi accarezzi. Ti accarezzo. Fremo sospesa e incompiuta sulla traccia di un’ emozione intensa che adesso si contorce nello stomaco, si agita nel frustrante vuoto cloridrico in cerca di luce sole aria. Affiora spietata lungo le curve del mio corpo, per poi sprofondare avvilita in un ultimo brivido di commiato.
Addio amore.
Sei in un’altra dimensione. Inviolabile, sfuggente, assente. Tra le braccia di un’altra nomade. A dare e a prendere quanto vai costruendo e demolendo.
Tu di me assorta, ma disattenta e indifferente.
©
2007 Anno Siderale